Lo spread, il differenziale, sale e scende ogni giorno.
Ed ogni giorno e' colpa, c'e' una giustificazione del suo andamento.
Una volta e' colpa delle dichiarazione di qualcuno, una volta e' un evento, una notizia...
Difficile capire come i fondamentali reali di una nazione possano cambiare in poche ore, ogni minuto, ogni secondo, ogni millesimo di secondo.
Difficile immaginare un imprenditore che cambia la composizione dei suoi impieghi e delle sue fonti in una frazione di secondo anzi che continua a cambiarla, allegramente, in ogni frazione di secondo anche perche' questo significherebbe un "comportamento irrazionale" che male si associa ad una razionalita' e capacita' di pianificazione che caratterizza un disegno, una visione imprenditoriale, una irrazionalita' che viene negata dalle teorie monerariste stesse [dove tutto e’ razionale e simmetrico].
Il problema e’ che questa irrazionalita’ viene negata dagli stessi operatori che operano nel modello finanziario ma poi e’ “assunta” come modello operativo proprio.
Questa negazione e’ unilaterale. Le banche, gli intermediari finanziari e creditizi, le borse, i “mercati”, infatti, negano la possibilita’ di operare senza “limiti di costo, di entrata e di uscita, di ammontare, di tempo, di giudizio” a coloro che, invece, sono i “portatori del reale” e del risparmio.
Questa “schizzofrenia”, pero’, e’ consentita a loro e nel loro operare quotidiano.
Esiste, quindi, una specie di “sdoppiamento della personalita’” nel comportamento degli operatori che non e’ considerato nei manuali di micro e macroeconomia, nei trattati di gestione aziendale reale ed in un alcun modello matematico dove i differenziali (gli spreads) spiegano tutto in un “silenzio disumano”.
Non c’e’ “amore”, non c’e’ “attenzione”, non ci sono Emozioni ma non esiste neppure questa “irrazionalita’”. O meglio sono, forse, irrazionali loro stessi perche’ non sono in grado di accettarla perche’ accettarla significarebbe accettare la loro inadeguatezza a rappresentare il reale, ad essere implementati nel reale. Non esiste quindi una “capacita’ di ascolto” [capacita’ di analisi], non esiste una “empatia” [sociale], non esiste alcun futuro, alcun futuro “sostenibile” nella loro implementazione.
Ma li abbiamo implementati. “Grandi” economisti si sono impegnati. Hanno impegnato il loro destino e futuro per portarli come esempi vincenti, per riuscire a pagare i “costi” rilevanti dei parrucchieri delle loro “compagne” che durante la crisi del 2008 ricorrevano allo psicologo perche’ non potevano piu’ permetterseli di fronte alla vita nelle tende delle persone normali.
Esiste uno strano paradosso. Le teorie che hanno contribuito a costruire ed affermare il modello finanziario globale non riescono a giustificarne il comportamento.
Un comportamento un “po’ psicopatico”, po’ da drogato che genera scelte devastanti e volatilita’. La volatilita’ sui grandi, grandissimi numeri genera mostri. Bastano “qualche secondo di volatilita’” al momento di fissare il prezzo di un asta di buoni sul debito pubblico di uno Stato per fissare il destino di quella nazione e di milioni di persone.
E come se il nostro vicino ci avvesse concesso un prestito ed improvvisamente ogni giorno, anzi ogni ora [o secondo] fissasse un nuovo tasso di interesse e, addirittura, volesse anche il pagamento di una rata che non erano assolutamente previste nell’accordo originale. Nessuno di noi, a meno di essere dotati di grandi capitali (ma allora perche’ ricorre ad una fonte esterna, ad un debito], riuscirebbe ad onorare il suo debito e ad uscirne solvente. Un tale comportamento, che porta necessariamente all’insolvenza e di cui e’ “consapevole” anche il creditore, puo’ essere giustificato solo:
• dalla “irrazionalita’” dello stesso
• o da un “istinto a delinquere o a distruggere” [di guerra]
• o dalla assenza del danno o dalla “non responsabilita’ di intermediazione”.
In realta’ queste tre caratteristiche popolano, con gradazioni differenti, il comportamento e le scelte degli operatori in base:
• alla composizione dei loro impieghi
• e al portafoglio di scelte e strategie di business, operative, “politiche” e “geopolitiche” (e dalla presenza e misura ed assenza di alcune di esse o di alcune tipologie di esse)
Il vicino, quindi, ogni giorno cerchera’ di giustificare la sua richiesta anche attraverso l’utilizzo di attori, che sono percepiti “come esterni” che certificano la sua richiesta (dichiarazioni di alcuni uomini apicali in organismi internazionali, contenuti ed articoli sui media, le agenzie di rating). Questi “attori esterni” non sono mai stati in grado di agire in modo proattivo e positivo nella risoluzione o, semplicemente, nella identificazione di un qualche problema prima che avvenisse (basta riflettere alla crisi finanziaria del 2008 e alle loro “certificazioni” di fiducia [credito] sugli organismi, sui provvedimenti, sugli attori, sulle scelte e “soluzioni”). Anzi molto spesso le loro “espressioni” arrivano tempestivamente ad aggravare le situazioni.
E’ stata creata una infrastruttura internazionale del tutto artificiale e dissociata che simula un modello creditizio e finanziario interno (con elementi di intermediazione, elementi di governance e di controllo, di giudizio, caratteristiche di generazione, analisi e valutazione della fiducia) ma che, in realta’, non lo e’.
Non esiste una banca centrale o un organismo istituzionale che si occupi di definire l’ammontare della massa finanziaria esistente nel modello (nel mondo) e che abbia una qualsiasi funzione di politica economica, finanziaria, monetaria/creditizia. Non esistono organismi o istituzioni con funzioni di valutazione e controllo. Gli attori che operano nel modello e i mercati stessi sono in grado di generare massa finanziaria/creditizia/monetaria senza alcun controllo. La massa, per cosi’ dire, si “autogenera”...
La disintermediazione, la deregolamentazione, la “cartolarizzazione” e l’utilizzo in senso esclusivamente speculativo a breve/brevissimo termine dei prodotti derivati diventano e sono caratteristiche peculiari del modello e ne rafforzano le tre caratteristiche comportamentali sopra descritte.
In particolare i processi di disintermediazione e cartolarizzazione aumentano generando una finta illusione di assenza del danno e/o una “non responsabilita’ di intermediazione” che, in generale, non porta, come qualcuno teorizza, ad un abbassamento del rischio ma, al contrario, ad un sostanziale aumento del rischio sull’intero sistema e ad un sostanziale deresponsabilizzazione nei processi di valutazione della qualita’ del credito [debito], con un peggioramento dello stesso.
Sono tutte “cose” che abbiamo gia’ visto in azione prima [generandola] e durante [peggiorandola ed elimando qualsiasi possibile soluzione] la “crisi del 2008”.
Utilizzo i trattini, “crisi del 2008“, semplicemente perche’ tutto e’ stato “preparato” con cura in un periodo temporale piu’ esteso in cui sono state dimenticate e poi cancellate le buone regole adottate dopo la crisi del 1929 (la “Grande Crisi”) per preservare i sistemi economici finanziari da evenimenti catastrofici di quel tipo.
Ora l’ “ingegnerizzazione” di queste “piattaforme di prodotti derivati” e la globalizzazione permette semplicemente di aumentare all’ennesima potenza la capacita’ di leva (leverage) finanziaria che hanno in se’ i prodotti derivati stessi.
Gli operatori si orientano su una strategia di business sganciata dal reale ma basata sul reale (comunque la leva viene fatta sulla base reale che col passare del tempo diventa sempre piu’ esigua – pensate alla storia dell’evoluzione della moneta e ai depositi per avere un esempio, una immagine).
Questa strategia si focalizza ed aumenta la sua propensione all’investimento di tipo puramente speculativo ed in una logica di gioco.
Mentre mi disintermedio dal “reale”, mentre “cartolarizzo” (trasformo un credito/debito in titoli trasferibili e vendibili ad altri soggetti) non sono piu’ interessato a riscuotere il capitale, gli interessi, “la rata”. Divento estraneo, non responsabile da questo rapporto. Il mio business si orienta alla creazione ed al collocamento di nuovo credito [di nuovo debito], alla massimizzazione nel breve/brevissimo periodo dei profitti che arrivano da queste piattaforme di prodotti derivati e alle commissioni. Questi profitti sono profitti “differenziali” (spreads) scollegati dal capitale, dagli interessi, dall’investimento produttivo, nel reale.
Mentre mi disintermedio aumentano i “contrasti di interesse” nei confronti dei clienti, che divengono i “luoghi” preferenziali dove collocare i titoli stessi, nei confronti delle imprese e dell’investimento produttivo (dove continuamente devo valutare e capire se mi conviene sottrarre risorse all’investimento speculativo che diventa “sempre piu’ profittevole”), nei confronti della gestione del credito stesso, del sistema e delle comunita’ dove opero.
Genero credito ma non sono interessato alla sua gestione e che il suo “rendimento vada a buon fine”.
In un gioco esiste un “vincitore” ed un “perdente”.
Non esiste un discorso, una strategia, una visione per costruire un tessuto, una rete, una comunita’ prospera e ricca. Creo una societa’ ricca e prosperosa perche’ questo mi permette di essere piu’ ricco, di generare piu’ profitti. In un gioco non esiste una visione di “prosperita’” per entrambi i partecipanti. Non esiste un concetto di generazione della ricchezza, di sostenibilita’.
Anzi in questo gioco esiste una logica di “sottrazione” [non di generazione], di una diversa allocazione dell’esistente che non significa condivisione. Non esiste un concetto di sostenibilita; anzi il gioco deve terminare e nel piu’ breve tempo possibile per incassare il premio, la vincita’ [il differenziale... lo “spread”].
La Teoria dei Giochi parla del Dilemma del Prigioniero e di una possibilita’ che, pero’, viene negata dalle teorie monetariste con l’implementazione dell’attuale modello finanziario.
Nel gioco esiste, quindi, un “vincitore” ed un “vinto” e non esiste alcuna pieta’ per il vinto perche’ si suppone che abbia deciso spontaneamente di partecipare al gioco e di assumersi il rischio di perdere.
Ma mi chiedo quanti in questo gioco globale hanno deciso consapevolmente di partecipare? Quanti tra gli invitati a questo gioco possono dire: <<non sono interessato a questo gioco, non voglio giocare>>? Quanti sul pianeta possono dire non mi interessa?
In che cosa consiste, allora, questa totale limitazione, questa privazione di un diritto fondamentale come quello della liberta’ di scelta’.
In quale Costituzione e’ prevista una tale possibilita’?
I mercati erano quei posti colorati e vocianti funzionali ed al servizio dell’uomo. E la borsa era un mercato particolare dove chi andava sapeva che esisteva un certo livello di rischio ed esisteva anche la componente del gioco ma era una parte. [Questo in origine]
Ma ora che senso ha il form/modulo per la valutazione dei rischi di investimento e la successiva spiegazione che viene presentata al cliente?
Qualunche essere sul pianeta ora puo’ essere soggetto al massimo rischio di investimento aldila’ che lo voglia o meno, aldila’ che si trovi in una citta’ o che viva in un mezzo ad una jungla.
Quando le persone sono private di un tale diritto e vivono in condizione di totale incertezza?
Solo in eventi particolari come le catastrofi naturali e le guerre.
Qualcuno ha paragonato questi strumenti finanziari ad “armi di distruzione di massa”
Mi sorge allora una domanda perche’ tutto sembra essere predestinato. Esiste un “diritto naturale” che permette ai mercati di fare quello che fanno? Esiste un “diritto naturale” che fa si che questo modello finanziario globale sia come e’ e non possa essere messo in discussione?
Sembra un po’ la discussione che e’ in atto negli USA riguardo al possesso delle armi di fronte alla catastrofe che e’ successa .
Allora mi chiedo se esiste una responsabilita’?
Io penso che esiste una responsabilita’.
Esiste una responsabilita’ nel fare e nel fermarsi di fare una cosa.
Un chiaro esempio lo abbiamo nell’utilizzo delle armi atomiche. A quel tempo vi fu una decisione di utilizzare la bomba atomica per ben due volte per porre fine alla indomabile resistenza del Giappone ma, soprattutto, vi fu la decisione ancora piu’ responsabile di fermarsi.
Noi abbiamo gia’ avuto le “nostre Hiroshima e Nagasaki finanziarie”, la crisi del 2008, il suo perdurare e l’applicazione dello stesso modello “di distruzione di massa” su scala piu’ estesa sul debito sovrano delle Nazioni Europee.
Ora come come e’ esistita la scelta e la responsabilita’ di implementare questo modello e di subirne per ben due volte le terribili conseguenze collegate alla stupidita’ e alla voracita’ umana deve esistere la ancora piu’ ferma e non piu’ procastinabile volonta’ e responsabilita’ di fermarlo.
Questa e’ una precisa responsabilita’. Questa e’ una precisa responsabilita’ personale.
La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, forbendola a' capelli
del capo ch'elli avea di retro guasto.
(Divina Commedia – Dante Alighieri Inferno - Canto trentatreesimo )
Il Conte Ugolino emise un forte rutto ... the big “rutto” of the markets.
21 Luglio, 2012
Io non sono piu' un economista, io voglio essere un Poeta perche' la vera vita e' Poesia.
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